Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Scafandro da caccia

Pare che in certe regioni le guardie venatorie si siano messe a contestare l'uso in caccia di stivali e pantaloni da pesca. La questione non è affatto chiara e merita un approfondimento.

L'art 21 lett. h) della legge sulla caccia del 1992 vieta di utilizzare a scopo venatorio scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua. Secondo il legislatore è consentito usarli fuori dell’acqua; forse in una tinozza di vino o al posto di un impermeabile!
Non si sa da dove è uscita questa disposizione; nelle direttive europee non ve n'è traccia. Si noti che il legislatore non ha vietato l'uso di mezzi che consentono di nuotare in acqua nascosti, come maschere e boccagli (nuoto in apnea) e non ha vietato neppure l'uso di bombole. La pesca con uso di apparecchi ausiliari di respirazione (bombole) è sempre vietata fin dal 1965, anche ai pescatori professionali, ma non vi è una logica nell'estendere il divieto alla caccia. Perciò il legislator, stando alla lettera della legge,  non ha regolato il tipo di immersione e il tipo di attrezzi usabili, purché autorizzati per la caccia, ma stranamente ha vietato mezzi di protezione del corpo; in altre parole chi caccia nell'acqua può fare ciò che vuole, ma guai se si mette una muta impermeabile che non è un mezzo di caccia, ma un mezzo per non morir dal freddo e per non ferirsi contro le rocce e contro animali spinosi.
Quindi una norma stravagante senza capo né coda, come chi l'ha scritta!  Proprio non si capisce che differenza possa fare per un uccello acquatico essere acchiappato da una persona con la maschera invece che da una persona con maschera e muta o con la sola muta!
Nel suo marasma mentale ha poi vietato non la sola muta, ma ci ha aggiunto lo scafandro. L'uso dello scafandro è ovviamente improponibile perché esso è oggetto tipico del palombaro, è una specie di macchina entro cui sta il palombaro collegato con dei tubi ad una barca d'appoggio per operare sul fondo di uno specchio d'acqua. Non si può usare in superficie galleggiando a mezza altezza e non consente nessun movimento agile. Non è usato neppure per pescare pesci, ma solo per raccolta di coralli, spugne o molluschi saldamente fissarti alle rocce.
Che cosa voleva vietare il legislatore?
Prima di tutto sarebbe stato utile spiegare quali animali si cacciano nell'acqua e se il catturare un delfino, una foca, un pinguino, una tartaruga marina  sia pesca o caccia; la legge dice che la pesca ha per oggetto organismi acquatici viventi il che non chiarisce molto la cos, ma ci fa capire che un animale che va in acqua per cacciare, ma non respira sott'acqua  e vive anche sulla terra (ad es. un pinguino) non è un organismo acquatico. Con un po' di sforzo si possono considerare acquatici mammiferi come la balena o il delfino o il lamantino che non lasciano mai l'acqua; poi la ragione comincia a vacillare di fronte a trichechi e foche che amano scaldarsi al sole; per le tartarughe ci salva solo il fatto che non sono protette dalla legge sulla caccia perché non sono omeotermi. Prima della legge sugli omeotermi si discuteva se sparare ad una rana fosse caccia o pesca: la saggezza antica aveva concluso che se la rana era fuori dall'acqua era caccia, se era sotto il pelo dell'acqua era pesca; alla rana non gliene poteva fregare di meno!
Certo che non è facile capire quale tipo di caccia avesse in mente il legislatore; voleva forse vietare di acchiappare le anatre per i piedi mentre nuotano? Voleva vietare di acchiappare per il collo i cormorani o i merli acquaioli che si tuffano per prendere una trota? Voleva evitare che i cacciatori si appostassero a tre metri dalla riva per uccidere come coccodrilli gli animali che vengo ad abbeverarsi? Non si sa, rimane un mistero gaudioso e l'interprete può solo maledire chi ha scritto la legge … se è sopravvissuto a tutte le maledizioni già ricevute dal 1992 ad oggi.
 Ad essere buoni si può ipotizzare che la legge volesse stabilire che i cacciatori di acquatici in palude devono stare sulla terra ferma, ma non possono entrare in acqua; ma, se così fosse, o si vietava di bagnarsi i piedi o era necessario stabilire a quale profondità ci si poteva spingere: con le scarpe fino ad una ventina di centimetri, con gli stivali fino ad una cinquantina, con i waders veri e propri fino un metro e mezzo. Ma se così fosse si dovrebbe concludere che il cacciatore che non soffre il freddo può tranquillamente cacciare in costume da bagno, o anche senza, se noi teme equivoci in materia di uccelli. E ci si dovrebbe chiedere quele è il regime giuridico della muta se uno la indossa senza scarpe o con le pinne!
Ho provato a chiedere lumi alla intelligenza artificiale e mi ha risposto che in nessun altro paese esiste una norma analoga e che lei non risponde alle domande sdtupide. Mi ha suggerito che forse il legislatore aveva sentito parlare di caccia subacquea e non aveva capito  che si stava parlando di caccia fotografica!

Ma come si è arrivati a parlare di scafandri? La spiegazione sta nella nota ignoranza degli "specialisti".
Chi deve lavorare o pescare nell'acqua senza bagnarsi, un tempo usava stivali di gomma alti fino al ginocchio o a mezza coscia; ad un certo momento sono arrivati dagli USA veri e propri stivaloni allungati fino alla vita per proteggere anche là dove l'acqua raggiunge il metro d'altezza e che erano chiamati waders (termine che indica anche i trampolieri); nome che conservano tutt'ora.
Per essere precisi diciamo   che gli stivali fino al ginocchio si chiamano wading boats e quelli più alti, fino alla cintura o alle ascelle waders.
Quando è iniziato lo e-commerce con i siti online, la parola è stata tradotta da qualche macchina infame con il termine scafandro e da allora internet è piena di stivaloni chiamati scafandri! Probabilmente l'errore è nato dal fatto che scafandro e muta rientrano nella categoria generale di diving suite e la macchina li messi enttrambi sotto la voce scafander. La traduzione corretta avrebbe dovuto essere pantaloni da pesca.
I primi libri in cui si parla di scafando nel senso di alti stivali di gomma sono successivi al 2020; ad es. nel romanzo di Mitidieri, Sette respiri sul fondo del pozzo, in si parla di "pesca dei grilli da parte di buontemponi armati scafandro " e poi nel 2024 nel libro di Giacomo Papi, La piscina, in cui si parla di un pescatore di trote "immerso nella corrente fino alle ginocchia grazie ai suoi stivali scafandro". Per il periodo 1981-1992 ho trovato solo una frase nel Qui touring notizie del 1987 in cui pare che si usi la parola scafandro per stivali, ma potrebbe appartenere ad un contesto gergale locale.
Però questo errore di traduzione non può aver influito sul legislatore del 1992 perché all'epoca la traduzione di wader in  scafandro era ignota ai cacciatori  ed ai dizionari italiani e nessuno è tenuto a rispettare una norma che usa un vocabolo non registrato in testi ufficiali o in dizionari.
Quindi l'art 21 lett. h è incomprensibile e da considerare incostituzionale per totale indeterminatezza. Il sostenere che quando il legislatore ha parlato di scafandro intendeva riferirsi a scarpe, stivali, stivaloni da pesca, pantaloni da pesca è una pura ipotesi non sufficientemente provata per gli anni novanta.


25 ottobre 2025

 

 

 

 

 


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